Quando ci si avvicina alla separazione, c’è già tutto un passato di sofferenza e di malessere che ha reso “quasi impossibile” il tornare indietro e porre rimedio alla relazione in modo tale che possa continuare ad esistere. Le storie d’amore sono belle all’inizio ma possono trasformarsi in veri e propri incubi per alcuni. In questa situazione si può dire che “per fortuna” c’è la possibilità di mettere fine alla relazione. I vincoli giuridici, un tempo quasi “indissolubili” si possono sciogliere così da rendere liberi i due partner. La decisione della separazione può essere presa in un attimo come per esempio a volte può succedere quando si scopre improvvisamente l’infedeltà del partner. In altri casi, la decisione può essere maturata in un lungo periodo di tempo ed essere anche una scelta incerta. In genere, la decisione di separazione viene presa perché almeno uno dei partner è convinto di non essere amato a sufficienza e che così facendo possa avere una qualità di vita migliore. In ogni caso è un cambiamento ed un urto importante della vita. Nel 1963, Holmes e Rahe fecero una scala di eventi stressanti e ai primi tre posti misero rispettivamente: morte del coniuge, divorzio e separazione.
Dal punto di vista dello stato, si potrebbe dire che il matrimonio sia un contratto tra due persone, le quali prendono reciprocamente l’impegno nel mantenere un determinato comportamento consono al matrimonio stesso. La separazione è quindi vista come una “modifica” del contratto. In particolar modo con la separazione si definisce la fine della convivenza, la fine della comunione dei beni ma resta il vincolo di solidarietà fino al divorzio.
Questa modifica può essere richiesta da entrambi i coniugi o solo da uno. Il primo caso consensuale, il secondo guidiziale.
La separazione consensuale avviene quando i due partner sono concordi, non particolarmente ostili ed entrambi trovano accordi sulla modalità. Di solito i tempi e i costi legali sono ridotti rispetto a quella giudiziale.
La separazione giudiziale, come accennato prima, ha tempi molto più lunghi e costi maggiori. Uno dei due coniugi non è concorde e in genere non collaborante. Spesso è presente molta conflittualità fino ad arrivare in alcuni casi a vere e proprie “guerre”
La separazione legale avviene con la firma davanti al giudice e avviene in contemporanea tra i coniugi. La separazione psicologica ha tempi tutti suoi e in genere non coincidono tra i due coniugi, in genere c’è sempre uno dei due che è “molto più avanti” con la separazione psicologica, soprattutto per quelle giudiziali dove il richiedente era già quasi pronto al momento della richiesta fatta all’altro coniuge.
La separazione dal punto psicologico la si può considerare una forma di lutto a tutti gli effetti.
Inizialmente Freud individuò 3 fasi: diniego, accettazione e distacco. Successivamente Bowlby individuò 4 fasi: stordimento, struggimento, disperazione/disorganizzazione e infine riorganizzazione. Più recentemente, negli anni ‘70 la psichiatra svizzera Elisabeth Kübler Ross ha teorizzato 5 stadi: rifiuto, rabbia, negoziazione, depressione e accettazione. Mi occuperò di questa ultima teorizzazione perché, a mio parere, maggiormente calzante. La prima fase è quella del rifiuto in cui non si accetta l’idea di separazione. È una forma di protezione, un po’ come fa lo struzzo che mette la testa sotto la sabbia. La fase successiva, capita la volontà dell’altro coniuge, è quella della rabbia. In genere si scaricano tutte le colpe sull’altro e magari si rinfacciano piccoli dissidi sui quali un tempo c’era tolleranza. Terminata la fase precedente si passa alla fase della negoziazione nella quale chi non è d’accordo alla separazione cerca di convincere l’altro a tornare sui suoi passi con “buoni propositi” o forme di suppliche. La fase di negoziazione non sempre è presente, a volte dalla fase di rabbia si passa direttamente a quella successiva, quella della depressione. Il periodo depressivo è funzionale al “de-primere”, al “metter dentro”, la fare propria la consapevolezza che la relazione sia terminata. L’ultima fase, non sempre raggiunta, è quella dell’accettazione in cui si accoglie in pieno la separazione e il termine del legame.
Le persone coinvolte in una separazione o un divorzio possono sperimentare una gamma di emozioni complesse. Alcuni potrebbero essere pervasi da rabbia, paura, insicurezza o sensazioni di essere rifiutati mentre la loro relazione giunge al termine. Al contrario, altri potrebbero provare rimorso, colpa, senso di sollievo o ambivalenza. È comune che molti vivano un profondo senso di confusione di fronte a questa situazione emotivamente complessa.
Queste emozioni possono manifestarsi attraverso una serie di sintomi, tra cui sbalzi d’umore intensi, alterazioni dell’appetito come eccessivo o scarso consumo di cibo, o un aumento del consumo di alcol. Altri segnali possono includere incubi, difficoltà ad addormentarsi o una sensazione persistente di stanchezza estrema. Queste reazioni emotive possono anche interferire con la capacità di svolgere le normali attività quotidiane e generare la sensazione che la separazione sia impossibile da affrontare.
Un discorso a parte deve essere fatto quando siano coinvolti dei minori.
Spesso si ritiene preferibile mantenere l’unità familiare, evitando la separazione dei due genitori, soprattutto nell’interesse dei figli. Questo atteggiamento attribuisce ai bambini il compito gravoso e ingiusto di fungere da elemento unificante per la famiglia, assumendo così una grande responsabilità nel mantenere la stabilità familiare. La base del ragionamento è l’idea che la separazione generi un clima ostile ed aggressivo che possa nuocere al benessere dei minori. Talvolta potrebbe essere corretto ma, è anche possibile che in alcuni casi, genitori separati ma felici possano creare un ambiente favorevole in cui i figli possano trovare benessere e clima sereno.
Purtroppo, può capitare che i figli vengano “tirati in mezzo” al conflitto tra i coniugi e ne vengano danneggiati. Nella degenerazione del conflitto si può manifestare il “mobbing familiare”, un coniuge denigra l’altro coniuge in presenza di minori. Quando il “mobbing familiare” è preponderante e sono presenti altri comportamenti disadattivi, si può arrivare anche alla “sindrome di alienazione genitoriale” (PAS). In quest’ultimo caso vi è un vero e proprio “lavaggio del cervello” del minore da parte di un coniuge che scredita l’altro coniuge. La si può considerare come una violenza emotiva o abuso psicologico del minore, si può arrivare alla rottura del legame con un genitore o anche a conseguenze di tipo psicopatologiche. Per ulteriori informazioni riguardo la PAS, invito alla pagina di wikipedia a riguardo. Per fortuna esiste la legge 54 del 2006, che centralizza il minore con i suoi bisogni evolutivi e di legame con entrambi i genitori: prima si tutelano i minori e successivamente gli adulti.
Un ultimo discorso, che in realtà andrebbe per primo, è la prevenzione. Visto che la separazione porta a molta sofferenza, almeno nell’immediato, si potrebbe prendere in considerazione l’idea della prevenzione. La prevenzione alla separazione è importante perché aiuta a mantenere equilibrio e appagamento tra i legami familiari e nelle relazioni, a proteggere il benessere emotivo dei partner e dei figli. Investire nella salute delle relazioni può portare maggiore felicità e soddisfazione a lungo termine. Lo si può fare “all’interno della coppia” ascoltando le esigenze di entrambi e cercando di assecondarle in armonia. Non sempre Questa possibilità è semplice, allora si può ricorrere all’aiuto di un professionista esterno. Uno psicologo può supportare le coppie che desiderino prevenire la separazione e preservare la loro relazione. Lo psicologo può fornire uno spazio neutro e accogliente per la cura della coppia, rafforzare la comunicazione, risolvere i conflitti e promuovere la stabilità emotiva tra i partner.
Una prima possibilità riguarda la terapia di coppia in cui i due partner trovano uno spazio sicuro in cui affrontare i problemi relazionali, migliorare la comunicazione e sviluppare insieme strategie per superare le sfide.
Altra possibilità riguarda il percorso individuale in cui il singolo possa comprendere meglio le esigenze e le dinamiche di coppia per poi attuare al momento opportuno comportamenti e reazioni differenti. I partner possono lavorare su questioni personali che possono influenzare la loro relazione, come l’autostima, lo stress o la depressione
Si può prendere in considerazione anche di coinvolgere l’intera famiglia. Attraverso la terapia familiare i membri possono essere aiutati a comprendere meglio le dinamiche familiari, le proprie interazioni, a risolvere i conflitti e a migliorare il funzionamento complessivo della famiglia. Uno psicologo può anche fornire educazione e formazione sulla salute relazionale e sulla prevenzione della separazione. Questo può includere sessioni informative, workshop o gruppi di supporto in cui le coppie possono imparare abilità pratiche per mantenere una relazione sana e soddisfacente nel tempo.
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